il Mann di Napoli e la sua Collezione dei Tessili di Età Romana
Ci troviamo a Pompei dove il progetto Grande Pompei sta registrando in modo ininterrotto una serie di sensazionali novità e ritrovamenti.
Nel solo corso del 2018 la bellissima Casa di Giove che secondo gli studiosi era la dimora dell’eccentrico e potente senatore romano Nonius Balbus, la scoperta del secondo affresco conosciuto raffigurante il Dio Priapo, la riscoperta del vivace colore rosso pompeiano all’interno del cosiddetto “Vicolo dei Balconi”(secondo gli studiosi “un colore così intenso da sembrare dipinto di fresco”), lo scheletro di un uomo di circa trentacinque anni la cui particolarità sta nel fatto che non morì né per asfissia né bruciato bensì schiacciato da un masso di 200 chili durante la fuga, il meraviglioso e sensuale dipinto raffigurante il congiungimento tra Giove, trasformatosi in cigno, e Leda, moglie di Tindaro re di Sparta.
MANN: Museo Archeologico Nazionale di Napoli
In questo stimolante contesto il MANN, nel corso della presentazione al Salone biennale dell'Arte e del Restauro di Firenze, dei risultati di alcune inedite indagini avviate su 150 reperti provenienti prevalentemente da Pompei e dall'area sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C, ha annunciato l’allestimento, nell’estate 2019, di una mostra che presenterà per la prima volta al mondo la Collezione dei Tessili di età Romana, un patrimonio unico al mondo che grazie alle particolari condizioni verificatesi a Pompei, si sono preservati fino ai nostri giorni, non venendo attaccati da insetti e batteri che in altri ambiti hanno completamente distrutto i manufatti.
Tra i pezzi più rari e preziosi un rocchetto con filo di seta e fili d'oro, un borsellino, lino, lana, canapa, un tessuto di seta lavorato a maglia che da un recentissima analisi al radiocarbonio risulta DATAbile tra il XV e il XVI secolo a.C.
Ritrovamenti, reperti, affreschi e scritti raccontano e confermano come le leggere e variopinte stoffe in seta rappresentarono il più ambito status symbol dei romani di età imperiale. Certamente dal I sec. d.C. Roma era costantemente rifornita di beni di lusso fra i quali tessuti di seta attraverso la Via delle Seta.
Secondo alcune fonti Cesare, di ritorno dall’Anatolia, portò a Roma alcune bandiere catturate al nemico, bandiere di uno sfavillante tessuto sconosciuto che suscitò uno straordinario interesse: era la seta.
Secondo altre fonti probabilmente maggiormente accreditate invece queste bandiere sarebbero arrivate dopo la disfatta di Crasso a Carre nel 53 a.C.
L'effetto delle vecchie scritture sulla particolarissima fibra
La sorpresa e l’unicità di quella fibra portò molti scrittori del tempo a parlarne travisandone a volte la provenienza (I Seri di Virgilio legata alla terra dei Seri per come era confusamente denominata la Cina)
“Velleraque ut foliis depectant tenuia Seres…
di come i Seri cardano con il pettine/ i sottili fili di seta dalle foglie” (Virgilio, Georgiche, II, 12)
oppure la modalità di produzione (la sostanza lanosa di Plinio Il Vecchio che si raccoglieva nelle foreste prodotta da misteriose foglie)
“I Seri sono famosi per la sostanza lanosa che si ottiene dalle loro foreste. Dopo un’immersione nell’acqua essi pettinano via la peluria bianca dalle foglie... (Plinio il Vecchio, Storia Naturale, 23, 79) »
Od ancora censori come Lucio Anneo Seneca che criticavano il costume romano di spese folli per ottenere tessuti famosi per le loro trasparenze ed usati per scopi considerati immorali (il Senato Romano emanò diversi editti per proibirne l’uso)
“Vedo vesti di Seta (sericas vestes), se possono essere definite vesti robe che non nascondono il corpo nemmeno le parti intime…”